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Addestramento Nen per Nightwing

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    //Leggendo la tua introduzione ho capito che hai un personaggio assai pretenzioso... cambiare il mondo, eh? Bene bene, il primo post è libero, ovvero puoi fare quello che vuoi. Mi aspetto proprio di capire come Kira abbia intenzione di cambiare questo mondo, ovvero: quale saranno i suoi primi passi? A te la tastiera! //
     
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  2. NiGhTwInG ™
     
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    Narrato l °Pensato ° l Parlato

    Fatele soffrire dolore e tormenti nella misura in cui si procurò splendore e piacere. Essa diceva fra sé e sé: sono una regina in trono, non una povera vedova, il lutto non mi toccherà. Ecco perché in un giorno solo si abbatteranno di colpo su di lei tutti i castighi: malattia mortale, lutto, carestia, e sarà consumata dal fuoco. Potente è Dio che l'ha condannata


    Solo, come una singola goccia in un’oceano che cerca di modificare l’apatia immobile e statica di una distesa infinita: al momento ero ciò. Ma come ben si sa, quello stesso oceano non è altro che un innumerevole moltitudine di gocce, che nell’insieme completano quella forma ultima. Avrei dovuto semplicemente trovare altri individui reietti come me, variabili impazzite di una realtà che non reputavano loro e che disgustavano con tutto se stessi: nel mondo il dolore era molto più presente della felicità, e bastava solo individuare l’espressioni più enfatizzate per trovare di seguito fedeli araldi.

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    Nel mentre il mio corpo al momento statico si stava accingendo nuovamente a dar vita all’azione - prima di voltarmi e procedere nel mio cammino -, guardai per un ultimo istante Padokia dall’alto, così da avere ben impressa nella mia mente il posto che aveva innescato quella mia estrema forma d’odio: ricordare l’inizio della scintilla che avrebbe di seguito dato vita al rogo della purificazione. Il mondo per molto tempo sarebbe stata la mia casa, il mio rifugio dove trovare l’appiglio per una motivazione di esistenza, e da quella stessa motivazione, trovare in esso chi come me era stanco di guardare il falso equilibrio di una società basata su ideologie di ipocrisia e individualismo: rompere ogni schema, e far comprendere al mondo quanto fosse fragile come il cristallo. Una volta ritrovatomi nelle vie del centro cittadino, osservai con attenzione i futili atteggiamenti di famiglie accecate da un falso benessere, negozianti pronti a spillare qualche soldo in più per la propria sete di guadagno, mendicanti prostrati nella speranza di scuotere qualche coscienza mediante l’elemosina; nel guardare tutto ciò capì ancora con più chiarezza quanto l’umanità sguazzasse in una vera e propria fanghiglia. Il mio senso di nausea a tutto ciò era estremo, e non capivo come la gente potesse accettare tutto questo senza che la propria coscienza fosse disgustata e indignata a una simile aberrazione. La mia figura andante continuava imperterrita nella sua marcia di esilio da un luogo che non reputavo parte di me stesso, che non chiamavo casa, e in cui non vedevo un futuro che mi spronasse a mettere in esso radici: semplicemente la mia azione di voltargli le spalle, e lasciare che all’interno di esso fosse stato prodotto e rilasciato quello spauracchio che l’intero mondo avrebbe conosciuto e imparato a temere mediante la consapevolezza di vivere in una realtà piena di cose che non vanno come noi vorremmo.

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    Avevo imparato che più a lungo vivevi, più ti accorgevi che l’esistenza era fatta solo da dolore, sofferenza e vuoto.
    La realtà era solo una e innegabile: in questo mondo ovunque ci fosse una luce c’era anche un'ombra.
    Finché il concetto di "vincente" sarebbe esistito ci sarebbe stato anche quello di "perdente".
    Perché in realtà.... l’egoistico desiderio di mantenere la pace altro non era che benzina per scatenare le guerre. E da quella stessa ideologia di falso moralismo, altro non veniva prodotto che odio per proteggere l'amore in un eterna sofferenza infinita.



    Edited by NiGhTwInG ™ - 26/7/2014, 17:12
     
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    Camminava solitario per le lunghe e sfarzose strade di Padokia, nel centro storico della città. In quei palazzi vivevano persone dal conto in banca immenso e dalla dubbia moralità, ovvero le classiche figure di spicco che da sempre governavano il mondo conosciuto. Era proprio tra quelle vie che si diramavano piccoli ed oscuri cunicoli, la faccia sporca di una città che si mostrava sempre al meglio delle proprie capacità. Proprio li dove la luce batteva quel poco per garantire un cenno di illuminazione, tra le cataste di ceste vuote e cassonetti ben celati, una porto di un rosso accesso spiccava. Forse Kira l’avrebbe notata, forse sarebbe passato senza badare troppo a quel che essa celava. Se l’istinto l’avrebbe guidato lontano dagli sguardi degli altezzosi Padokiani, allora sarebbe giunto dinanzi quella porta. Li, macchiato dalla muffa e dall’umidità, avrebbe trovato un singolo e solitario volantino. “Wanted: Goya Hima”. Racchiuso in un riquadro l’immagine a metà busto di un uomo: grassottello, calvo, baffi neri come la pece e un paio di occhi minuti che tutto scrutano. Indossava un vestito elegante, di quelli soliti dell’alta borghesia. Una spilla nera teneva il volantino appeso alla porta.

    //Si vai alla porta trovi il volantino descritto. Decidi te come procedere a quel punto. Per domande e chiarimenti, chiedi pure.
    p.s: bel post xD //
     
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  4. NiGhTwInG ™
     
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    Narrato l °Pensato ° l Parlato

    E gente che affila l'avidità umana al punto che riesce a spaccare un atomo tanto acuto è il desiderio; si costruisco un ego grande come una cattedrale e collegano a fibre ottiche il mondo con ogni impulso dall'ego. Lubrificano anche i sogni più ottusi con fantasie a base di oro finchè ogni essere umano diviene un aspirante imperatore, e il suo proprio Dio!


    Quel mio procedere tra le sfarzose vie di una Padokia che aveva fatto le sue fortune sulle disgrazie altrui mi aveva decisamente stancato, e nel continuare quella mia marcia spedita, decisi di imboccare una delle innumerevoli strade secondarie che portavano in luoghi ben più umili e decadenti: i cosiddetti luoghi di figli di un dio minore. Così come avevo scrutato la nauseabonda avidità di chi era cieco, era anche mio dovere rammentare il dolore, la fame e le voci di individui ignorati da chi era troppo sordo per udire altri suoni oltre il tintinnio della moneta sonante. L’ombra era sempre stata un elemento a cui avevo prestato maggiori attenzioni, nel suo oscurare ogni cosa mediante quel nero manto, e far si che all’interno di essa, potesse essere scrutata la decadenza che quegli stesi uomini avevano prodotto: nera è oscura come la notte, avvolgeva ogni cosa per sopprimere ogni speranza.

    I nauseabondi odori rilasciati da cassonetti colmi di rifiuti al pari di quelle tasche piene di oro dell’alta società, era in realtà fragranza di delizia per me: una fragranza che testimoniava quanto il mio intento di cambiare il mondo fosse un opera spinta da una giustizia che le menti misere della maggioranza dell’umanità non potevano comprendere. Gli sguardi vacui di individui accasciati al suo – sofferenti per i morsi della fame - o seduti usando come schienale un lercio muro, rappresentavano perfettamente i peccati che l’umanità aveva commesso: quei peccati in cui veniva commesso fratricidio con i propri stessi simili, o in cui il pianto di un bambino – orfano di genitori - che era nato nella parte sbagliata della città non veniva ascoltato. Tutto ciò era di uno splendore scenografico quasi commovente, in cui tale materiale da me studiato sarebbe potuto diventare ottima ispirazione per quel mio prologo che avrebbe dato inizio al primo e epico atto; per abbattere una bestia serve di certo una bestia ancor più grande. Fu in quel momento che vidi – quella metafora rivelatrice-, il cuore morente di una città che cozzava in quell’ ombra oscura mediante quel suo rosso accesso: una singola porta situata in uno dei tanti angoli oscuri, non certo di grandezza spropositata, ma che mediante quella cromatura accesa mi aveva attratto al pari di una gazza che scrutava un oggetto luminoso.

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    I miei passi riecheggiavano in quell’imbarazzante silenzio di decadenza, propenso in quel mio intento di avvicinarmi a ciò che era collocato in quello spazio ristretto e angusto, e che mostrava molto più di una semplice entrata: un elemento cartaceo ad essere attaccato ad essa mediante un minuscolo spillo. Strabuzzai lo sguardo una volta che ripulì quel foglio dalla muffa che ne copriva il chiaro messaggio al suo interno: un segno? Un messaggio da parte di quella stessa città che chiedeva il mio aiuto?
    Non so dire cosa volesse ben significare quell’uomo grassoccio che veniva raffigurato al suo interno – o forse si lo sapevo -, ma al momento i miei pensieri su possibili sillogismi – una volta letta la frase - furono accantonati dall’azione ben più istintiva e drastica di bussare a quella porta, nella speranza che vi fosse un messaggero celato dietro di essa. Nel caso in cui il mio bussare si fosse dimostrata un’azione ascoltata solo dal vuoto, allora avrei distaccato il foglio tenendolo ben cinto nella mia mano – oltre che mettere la spilla color ebano nella mi tasca -, e cominciare a far domande a qualche disgraziato nell’ottenere informazioni su chi avesse lasciato quel chiaro messaggio.


     
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    Uno tocco, due tocchi. Le nocche del giovane colpirono forte il legno in tintura rossa, generando un suono sordo a tutti coloro non presenti del vicolo. Nessuno rispose alla chiamata, nessuna voce e nessun invito, eppure il semplice bussare bastò ad aprire uno spiraglio. La porta, inspiegabilmente senza una vera serratura, era semplicemente accostata al muro. Una luce soffusa fuoriusciva dalle tenebre della stanza che si celava dietro la cremisi entrata. Se Kira fosse entrato avrebbe scorto un nuovo ed intrigante scenario. Una stanza spoglia di qualsivoglia tipo di arredo, lunga almeno cinquanta metri la cui fine presentava l’unico arredo: una immensa scrivania. Larga almeno quanto l’intera stanza, sul fine legno erano posate pile e pile di carte giallastre e proprio dietro quelle, quasi celato dalle stesse, la figura di una donna. Esile e minuta, indossava un lungo vestito scuro spezzato a metà da una cintura blu cobalto. Lunghi capelli corvini, lineamenti marcati ma allo stesso tempo delicati, un paio di occhi splendenti come la luna piena.
    Lo sguardo di lei si spostò fulminio verso l’entrata non appena uditi i rintocchi, ma non disse nulla, attese silente.
    Fosse entrato, il giovane avrebbe udito la sua flebile e dolce voce pronunciare parole dal significato non del tutto comprensibile


    Lei: -Se sei qui è perché lo vuoi, se lo vuoi allora non c’è bisogno di chiedere. Quando gira la pallina non puoi mai sapere dove essa andrà a finire, ma qualcuno sempre lo sa e spesso vincerà…-

    Cosa volesse dire rimaneva un mistero, forse un indizio su colui la quale raffigurazione era affissa all’entra, forse parole vuote e prive di un mero significato. Kira doveva comprendere in cuor suo quel che stava accadendo, doveva pensare, meditare, ponderare. C’era bisogno di ulteriori parole?

    //Ti ho anticipato più o meno come mi muoverò, ecco perché la quest sarà molto incentrata sulle tue capacità deduttive.. vediamo come te la cavi//
     
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  6. NiGhTwInG ™
     
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    Narrato l °Pensato ° l Parlato

    C'è chi sogna di dominare il mondo e chi dedica tutta la vita alla creazione di una spada. E se c'è un sogno a cui sacrificare tutti se stessi, c'è anche un sogno simile a una tempesta che spazza via migliaia di altri sogni. Non c'entra la classe, né lo status, e neppure l'età. Per quanto siano irrealizzabili, la gente ama i sogni. Il sogno ci dà forza e ci tormenta, ci fa vivere e ci uccide. E anche se ci abbandona, le sue ceneri rimangono sempre in fondo al cuore… fino alla morte. Se si nasce uomini, si dovrebbe desiderare una simile vita. Una vita da martiri spesa in nome di un dio chiamato "sogno".


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    Il ripetere compulsivamente quel gesto di battere le nocche sulla porta non portò a nessuna risposta: solo il disperdersi di quel suono sordo, e la consapevolezza che nulla “apparentemente” vi era celato ad attendermi dietro quel vecchio rudere che ricordava “vagamente” una porta. Tutto lasciava presagire che quella mia intuizione di poter trovare risposte all’interno fosse solo un miraggio, quando però, nel ripetere dell’ultimo colpo veementemente eseguito, quella stessa porta lasciò intravedere uno spiraglio: non sembrava bloccata da qualche serratura, avendo quasi l’impressione che il suo aprirsi leggermente fosse un chiaro invito ad entrare.
    Lo scricchiolio dei cardini procurarono un suono acuto nel successivo mio spingere quell'apparente barriera verso l’interno, lasciando che la luce soffusa dello stabile potesse ottenere maggiore luminosità una volta completamente aperta quella porta che oscurava ogni cosa: un’aria stantia di vecchio si poteva respirare al suo interno, completamente spoglia di qualsivoglia arredamento, tranne che per un ingombrante scrivania che dava abbastanza nell’occhio. Tanto spazio solo per un unico mobilio era certamente uno spreco, seppur notando che sopra l’immenso oggetto ligneo vi erano sparse innumerevoli pile di documentazioni di cui ignoravo il contenuto: di colorazione giallastra, dovevano essere li da molto, divorate dal tempo che ne aveva scolorito e invecchiato il materiale di cui ne erano composte.

    A quanto sembra non sono solo....


    Solo successivamente mi accorsi che dietro quello stesso ingombrante e voluminoso mobilio, vi era celata una figura dalla posa aggraziata e la voce abbastanza sensuale: una donna dai lineamenti marcati ma al contempo delicati, sedeva dietro di essa, lasciando che la sua esile figura fosse dominatrice all’interno di quel luogo silente e mortifero. Quegli occhi, quegli occhi di un blu intenso erano quasi ipnotici, così che per qualche istante mi perdessi dentro di essi mentre ascoltavo le sue parole che chiaramente celavano un messaggio ben comprensibile.
    Impassibile nel mio rimanere statico, rimembrai quel messaggio che l’attraente donna mi aveva invitato a comprendere, lasciando che per la prima volta da quando indossavo quegli abiti, il cappuccio che copriva il mio viso fosse abbassato: avrei mostrato quel volto che tenevo perennemente nascosto, forse perché si era creata una qualche connessione ancestrale con quella misteriosa figura.

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    Quelle sue parole racchiudevano un tocco di rassicurazione eterna, uno di quei rari modi di esprimersi - estremamente convincente - nel quale ci si poteva imbattere quattro o cinque volte nella vita se non di meno. Sembrava potesse comprenderti fino al punto in cui volevi essere compreso, credeva in te come tu vorresti credere in te stesso e ti assicurava che di te aveva esattamente l'impressione che, al tuo meglio, sapevi dare.
    Avevo ben compreso il significato di un discorso che nascondeva tanta insofferenza quanta quella che covavo nel mio cuore e nella mia testa: decisi quindi di rispondere con parole che fossero chiare quanto lo erano state le sue.

    Il modo migliore per essere certi di vincere una guerra è assicurarsi la vittoria ancora prima di iniziare a combattere: Il timore di un danno frena. L’azione logora. La prospettiva di un vantaggio incita. Solo valutando tutto esattamente si può vincere, con cattive valutazioni si perde. Quanto esigue sono le probabilità di vittoria di chi non fa alcun calcolo!



    Edited by NiGhTwInG ™ - 6/8/2014, 15:41
     
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    -Eppure la logica non basta, l’intelletto non aiuta se dinanzi a se v’è colui che sempre destreggia. Quante deduzioni, quanti calcoli possono esser vani. L’ingannatore trova sempre qualcuno pronto a sentirlo, a sfidarlo. La fortuna volge dalla sua, i dati sembrano carta senza valore, così come il suo animo. –

    Ribatté secca la giovane dagli occhi luminosi, posando sul proprio bancone un mucchio di fogli e un’elegantissima penna a sfera. L’inchiostro sfilò leggiadro sui filamenti, rimanendo impresso come da norma. La sua attenzione era ora rivolta al lavoro che era stata incaricata di svolgere e, seppur per qualche secondo, perse di vista il ragazzo che aveva bussato alla sua porta. Stranamente non si preoccupava: il timore di avere un estraneo a due passi non la tangeva, anzi, traspariva una malsana abitudine in quel freddo e spietato contatto verbale. Alzò il capo. Kira era ancora li. Smise di scrivere. L’atmosfera cambiò improvvisamente, divenendo più tetra e meschina. Il foglio imbrattato ricadde a terra dinanzi il bancone senza fare alcun rumore. Se il ragazzo si fosse chinato per raccoglierlo avrebbe notato il suo essere bianco nonostante fosse stato spettatore dell’imbrattamento.

    -Non sempre si vede quel che si vuole vedere, soprattutto se davanti ai tuoi occhi ci sono quattro piante e cinquantadue incognite. Quando il tuo cuore languirà conoscenza e la tua mente si aprirà a quel che è perduto, allora e solo allora aizza i tuoi occhi dove nulla vedono.-

    L’enigma si faceva sempre più fitto, ma un nuovo indizio era stato donato a Kira. Difficilmente la ragazza avrebbe esitato ancora dai sui compiti per dargli retta, lo si capiva bene dal lento ed inesorabile voltarsi li ove le pile giallastre li facevano più fitte. Il volantino, il foglio bianco e un luogo incognito da raggiungere… guidare se stessi era semplicemente il primo passo se si voleva puntare ben più in alto.

    //Vedendo il foglio Kira ha come una sensazione nostalgica e sente un tassello importante di se stesso mancare in quel preciso momento. Lascio a te l’intensità di tale sensazione, mi fido delle tue doti. Come avrai intuito la giovane con estrema difficoltà ti darà ancora retta, ma questo non esclude tu ci possa riuscire. Di indizi ne hai più di due, dunque se comprendi ove trovare il tizio puoi anche mettere per esteso le tue ipotesi. Tornare per strada è anche una possibilità… si, bhe, puoi fare praticamente ti tutto//
     
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6 replies since 25/7/2014, 13:12   205 views
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