La X Dovuta X Presentazione

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    Tutti me lo chiedono, ma neanche io lo so di preciso...

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    In piedi, dinanzi una maestosa quanto disordinata scrivania, v’era un uomo dai quarant’anni suonati. I suoi occhi, d’un castano acceso, eran impalati su di un lenzuolo bianco disteso proprio su quel legno pregiato di davanti. Entrambe le mani erano poggiate lungo i fianchi, rilassate, poi la sinistra si alzò, facendo scivolare lungo il polso un orologio nero dal display moderno, posandosi sul mento, li ove un bizzarro pizzetto decorava un liscio ed impeccabile viso. Egli era vestito con una camicia di un nero sbiadito, coperta in parte da una giacchetta a doppio colore: bianca davanti e grigio scuro dietro. Al collo, come il più elegante dei signori, una cravatta decorata con dei bottoncini bianchi, molto carini alla vista, mentre una cintura in pelle teneva su un paio di pantaloni da completo. Non fosse stato per il basco che l’uomo portava in capo, si sarebbe potuto dire di lui un nobil signore anziché un artista, quale effettivamente era. Lentamente si accarezzo la castana peluria, alternando lo sguardo dal lenzuolo al nulla che decorava quell’enorme ufficio, anzi, qualcosa v’era, oltre la scrivania e un’altrettanta maestosa poltrona. Dei fiori tipicamente tropicali graziavano il luogo d’un intenso colore, ma l’uomo non se ne ravvide nello scrutare il vuoto, passando successivamente lo sguardo sulla bianca tela. Trascorsero diversi secondi, forse attimi. Gli occhi dell’uomo si accesero all’improvviso, riempendosi di vitalità ed ispirazione. Spostò la mano destra dal pizzetto alla tasca dei pantaloni, tirando fuori quella che dava proprio l’impressione d’esser una penna ad inchiostro. Si piegò sul lenzuolo passando la piccola sfera della biro sul bianco, imbrattandolo di quella bella ed antipatica sostanza. Le sue mani erano mosse da una presenza misteriosa che dava vita alle forme che nella sua mente eran ben scolpite. Oh si, stava venendo veramente bene l’opera. Proprio quando la penna sembrò staccarsi definitivamente dalla stoffa, la porta dell’ufficio si spalancò di scatto. L’artista, distrattamente, alzò lo sguardo posandolo su due persone che se ne stavano li, dietro il legno intagliato dell’ingresso. I due uomini, entrambi vestiti con un elegante smoking ed indossanti un paio di occhiali neri, si differenziavano solamente per il taglio dei capelli. A conti fatti, uno di loro poteva definirsi completamente pelato, mentre l’altro portatore di una bionda e lucente chioma. Con passo deciso di addentrarono nella stanza, facendosi strada tra le spartane decorazioni. L’uomo dietro la scrivania non diede molta importanza ai due, tornando in quella pensierosa posizione che aveva anticipato l’attimo d’ispirazione. Il pelato diede un colpo di tosse, come per schiarirsi la voce, ma fu il suo compare a prender per primo la parola.

    Biondo: -Signore, la sala è pronta ed è già piena zeppa di persone-

    Pelato: -Senza contare che è ormai più di un’ora che la stanno attendendo… tutti eccitati di vederla-

    Ormai non v’era più nulla da fare, i due bell’imbusti avevano messo definitivamente K.O. la sua vena artistica. Abbassò entrambe le mani, poggiandole all’altezza dei fianchi a mo’ di brocca. Le sue labbra si irradiarono di un sorriso splendente. Posò gli attrezzi del mestiere sulla piccola porzione di scrivania non occupata dal tessuto e con fierezza afferrò lo striscione, stendendolo proprio davanti i suoi occhi e gli occhi dei presenti. Cercava approvazione, un’approvazione che si concretizzò in un semplice cenno di intesa da parte del pelato e del biondo. Solamente in quel preciso istante l’uomo dal meraviglioso basco poté sentirsi realizzato.



    ???: -Bene… Bene! Dite a Yiruma di ripassarlo come lui sa. Questo striscione deve esser issato alle mie spalle… ah, è già ora? Bene…-

    Piegata la stoffa la lanciò al pelato, il quale la prese al volo. Con velocità uscì dall’ufficio, lasciando il biondo e l’artista da soli. Quest’ultimo, cosciente del suo impegno, diede una rapida sistemata dalla cravatta, stringendola un poco, e si aggiustò sul capo il basco, precedentemente scivolato di lato. Cosa ci facevano ancora imprigionati in quelle quattro grigie mura? Il duo si lasciò alle spalle la ricca scrivania, proseguendo su di un lungo corridoio. Esso, completamente rivestito in legno, presentava su entrambi i suoi lati diversi quadri d’artisti e correnti differenti, molto allegri all’occhio. Dove conduceva quella ritta via? Logico, alla famosa Sala citata pocanzi dal damerino occhialuto. Scesero innumerevoli scale ed attraversarono un altrettanto abbondante numero di stanze prima di poter metter occhi su un gigantesco portone in legno massello. La levigata superficie presentava incisioni barocche che gli donavano un aspetto ancor più antico di quanto già non dimostrasse, aumentando il valore monetario ed artistico del suo complesso. La cura con il quale il biondo spinse una delle ante non poté non confermare quella teoria. Una sala da ricevimenti, spaziosa e variopinta di mille e più colori, li accolse. Un battito di mani seguì uno scroscio quasi senza fine. L’uomo e il biondo si trovavano davanti una dorata ringhiera, sotto di loro centinaio di persone vestite in maniera impeccabile. Non mancavano, ovviamente, telecamere e microfoni. Il damerino indicò la via al compare, il quale scese delle scale ricoperte da un lungo tappeto rosso. Giunse, senza troppi se e senza troppi ma, su di un palco montato giusto per l’occasione e comprendente di un semplice appoggio per i microfoni. Il volto dell’artista non aveva mai perso la sua vitalità e tantomeno aveva dato segno di volersi scomporre alla vista di tutte quelle persone, giunte nel palazzo solo per vederlo. Il biondo, intanto che l’uomo camminava, si fermò, serrando l’ingresso al palco. Ora l’ospite d’onore era solo, solo contro giornalisti e telecamere… certamente un mondo che non faceva per lui, ma si trattava di un dovere che doveva per forza trovare compimento. Lo striscione, come richiesto, fu legato alla ringhiera sovrastante, proprio alle spalle del suo creatore. Ne seguirono altri applausi. Il momento magico purtroppo finì nel preciso istante in cui l’artista diede fiato ai suoi polmoni.

    Joys: -E’ un piacere avervi tutti qui riuniti per questa “festa” particolare… io sono Alexander Joys, primo presidente dell’Associazione Hunters. Vi auguro un buon e sano divertimento.-

    Provò, abbastanza inutilmente, a chiuder in quel preciso istante il discorso, ma la stampa e i giornalisti non attendevano altre che quel momento e subito presero a fargli domande, costringendolo a rimandare la sua discesa dal palco.

    Giornalista1: -Sappiamo che prima di prender posto come presidente dell’associazione lavorava per il consiglio dei cinque governi, ma di lei non s’è mai sentito parlare… cosa faceva esattamente?-

    Giornalista2: -Come ha intenzione di strutturare l’associazione?-

    Giornalista3: -Crede di esser in grado di portare a termine tutti i suoi compiti?-

    Giornalista4: -Quando si terrà il primo esame Hunter?-

    Alexander si vide sommerso da mille domande e richieste, l’una più impertinente dell’altra e alle quali, per ovvie ragioni, non poteva dare una precisa ed esauriente risposta. Cosa fare, come comportarsi? Il neo presidente doveva vedersela con la stampa mondiale, un affare che mai sarebbe immaginato di ritrovarsi tra le mani. Doveva spiazzare tutti quanti e mettere fine all’intervista proprio come aveva programmato… occorreva un escamotage. Posò entrambe le mani sul bancone di legno. Il suo sorriso si accese ancor più, rispecchiando la luce degli immensi lampadari.

    Joys: -Signori e signore… vi annuncio che non appena l’associazione sarà cresciuta abbastanza indirò elezioni democratiche tra gli Hunter per decidere la salita a potere di un Nuovo Presidente!-

    I brusii e lo stupore per tale inaspettata dichiarazione interruppe per qualche secondo l’afflusso di domande alle quali lo stavano sottoponendo, garantendogli il tempo necessario per scendere dal palco e mischiarsi furtivo tra la folla. Ebbe l’occasione, destreggiandosi qua e la tra le persone, di udire i vari commenti scaturiti dalle sue parole. Molti già lo ritenevano un irresponsabile, altri invece un innovatore… l’unica cosa cerca era che l’Associazione Hunter non poteva certamente definirsi, come invece sembrava esser la credenza popolare, un gruppo di benefattori pronti a lottare solo ed unicamente per l’interesse comune. Trovò infine una via d’uscita. Un largo balcone desolato. La nuda pietra ne faceva da padrona. Li fuori il sole si stava nascondendo tra i monti, irradiando quella parte di mondo con fievoli fasci di luce. L’aria era fresca, perfetta per chiuder gli occhi, perfetta per immaginare una nuova opera d’arte. La serata trascorse in assoluta tranquillità. Molti, affannandosi, provarono a rintracciare Joys, ma l’astuto uomo si era rifugiato sul tetto tegolato, lontano da sguardi indiscreti, cosciente che solo le giuste persone sarebbero state in grado di scovarlo. Era dunque così nata ufficialmente l’Associazione Hunter… a quando però il primo Esame?
     
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