Io sono uno spettro

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  1. NiGhTwInG ™
     
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    Narrato l °Pensato ° l Parlato


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    Un passato da ricordare, o almeno questo era ciò che mi sforzavo di capire, standomene a scrutare dalle pendici di un altura quella misera concentrazione di indegni che era Padokia. Chi ero io? Quel’era il mio posto nel mondo? E soprattutto.... nasciamo per quale motivo?
    Domande a cui non sapevo rispondere, domande che ripetutamente mi martellavano il cervello alla ricerca di una risposta, ma che non riuscivo a trovare avendo solo riscontrato la crudeltà degli esseri viventi. Padokia non era certo un posto accogliente, ne tanto meno gli individui che ne abitavano il suo interno si potevano definire un popolo unito. Assassini, criminali, cinici e solisti, questo era Padokia: una realtà che rappresentava nel suo più massimo significato la parola corruzione.
    Quindi perché io avrei dovuto porgere la guancia? Perché avrei dovuto sforzarmi di mostrarmi civile e solidale con chi mi aveva solo mostrato disprezzo e ingiurie?
    Uno spettro, questo alla fine ero: semplicemente un’entità che vagava senza trovare il suo angolo di mondo, e che al pari di un ombra esisteva ma non veniva considerata.
    La mente ricordava quel giorno, quel giorno in cui mi ritrovai riverso in un letto di ospedale, solo e impaurito: nessuno ad essere presente nel reclamare la mia persona, lasciando che le mie lacrime e la mia confusione fossero azioni disperse come i granelli di sabbia che vengo spazzati via dal vento. Buttato nuovamente nella società senza che vi fosse l’accortezza di informarsi su chi fossi, o la sensibilità di comprendere le paure di chi cerca di aggrapparsi disperatamente a un appiglio: nulla, solo la sordità dell’indifferenza, lasciando che le mie paure mi divorassero come gli avvoltoi fanno con una carcassa morente. Uno spettro, questo alla fine ero, e come tale nessun angolo di mondo mi sarebbe realmente appartenuto nel condividerlo con degli affetti: il disgusto nel pensare a ciò, mentre i miei occhi osservavano dall’alto quella realtà corrotta che detestavo con tutto me stesso. Che senso aveva cercare di migliorare un mondo che ti mastica e ti sputa, che senso aveva mostrarsi migliori dove l’ideologia che regnava era quella delle bestie selvatiche?: il più forte sopravvive, il più debole soccombe, questo alla fine era la legge insindacabile che non si poteva cambiare. Avrei quindi fatto di quell’unica lezione insegnatami un codice, uno stile di vita che si sarebbe basato proprio su quel principio e che avrebbe visto nella mia persona l’identificazione più estrema di cosa volesse simboleggiare uno spauracchio.

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    Il mondo era ancora un bambino, per questo sarebbe scesa la mano dell'intervento divino, il mio intervento... per guidarlo verso la maturità. In fondo... io altro non cercavo che la reale pace: per far scomparire il dolore si deve eliminare l'amore, perche l'amore è la piu grande fonte di dolore.
    In verità una lezione l’avevo compresa, è quella lezione era che gli esseri umani vivevano aggrappati ciascuno dalla propria conoscenza e alla propria rappresentazione del mondo.
    E chiamavano questa realtà...
    Però i concetti stessi di "conoscenza" e "rappresentazione" non erano altro che soggettiva rappresentazione, dimostrandosi in verità labili e ambigui...
    Nessuno poteva essere sicuro che ciò veniva chiamata realtà non era solo e altro che un'illusione...
    In fondo, non era forse vero che le persone amavano vivere immerse nel torpore dei propri preconcetti?

    Il silenzio dell'indifferenza è ipocrisia


    Osservavo e disprezzavo quel mondo a cui non mi sentivo appartenere... in verità mi sentivo al pari di un guerriero in lotta con il proprio destino a cui mi sarei opposto fine alla fine..
    Cresciuto nell'orgoglio di non essere schiacciato, e da quello stesso orgoglio si sarebbe generata la mia forza...
    Altro non ero che un principe senza terra, un comandante senza il suo esercito...

    Sarò la mano divina che cambierà tutto questo


    Rinato, forse già morto, sentivo qualcosa scorrermi nel sangue, un potere diverso da qualsiasi altro, un potere che doveva essere liberato. La crudeltà dei miei simili, m'aveva insegnato a sopportare il dolore, a corromperlo, a diventare con esso una singola lama. Il mio volto inespressivo n'era la prova, nessun’offesa mai mi tangeva, solo l'insana follia che avevo ricevuto in dono poteva essere in contrasto con cosa, veramente, dovevo essere. Una macchina, strumento, un tramite per cancellare ogni speranza altrui e instillare il terrore più puro. I lineamenti duri e conformi del mio corpo, struttura formatasi dopo infinite agonie, mi davano un'aria sicura e al contempo incerta. Era tempo d'avviarmi verso il mio futuro.


    Edited by NiGhTwInG ™ - 24/7/2014, 19:00
     
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