L'umile desiderio di un sognatore

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  1. NiGhTwInG ™
     
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    Sons of the war

    xzslnglehpheabqb


    Osservavi ogni fine giornata quel tramonto, rosso come il sangue e intenso come un messaggio che voleva comunicarti qualcosa: già… le tue domande, i tuoi dubbi, le tue incertezze. Sin da piccolo l’unica lezione che ti aveva impartito la via era il dolore, la sofferenza, il distacco emotivo di un popolo – il tuo popolo – che non aveva appreso altro significato che quello della profonda sofferenza. Una volta Giakarta era un paradiso? Un luogo dove creare un futuro? Dove i bambini potevano crescere sognando qualcosa che andasse oltre un tozzo di pane o la speranza di sopravvivere un altro giorno?
    Sin da piccolo non avevi visto altro che le atrocità di ciò che scatenava la guerra, di tuoi coetanei che invece di giocare, si sbranavano l’un l’altro per sopravvivere a quella feroce legge della giungla: il più debole soccombe, il più forte sopravvive.
    Forse inconsciamente avevi sviluppato una simile mentalità, dovuta al fatto di essere uno di quei figli di un dio minore catapultati in una realtà caotica e claustrofobica: non ti eri mai chiesto se si potesse creare qualche legame, il tuo semplice obiettivo, priorità assoluta – come molti – era quello di riuscire a vedere un’altra alba.
    Poi conoscesti Tom, quella gentile figura che ti aveva accolto in casa, prelevandoti da quelle strade disastrate in cui ti aveva ritrovato riverso a terra, privo di ogni volontà e speranza che ti era stata strappata a brandelli come un avvoltoio farebbe con la carne di una carcassa. Per la prima volta nella tua vita avevi conosciuto la gentilezza, un rivolo di speranza, un individuo che potevi chiamare famiglia, forse anche padre?

    Seppur però la gratitudine e l’affetto nei suoi confronti fossero infiniti, dentro di te vi era un malessere continuo, più che malessere, una curiosità ingorda nel voler vedere come potesse mostrarsi il mondo: vedere luoghi che non fossero adornati di macerie, e dove l’aria pesante dei fumi delle bombe non rendesse il semplice respiro qualcosa di sgradevole. Tu potevi pensare che questo tuo desiderio potesse essere ingratitudine verso un uomo che ti aveva accolto e riconosciuto come figlio, ma in verità sapevi che altro non era che la semplice indole umana di desiderare un futuro migliore: in fin dei conti il mondo era tanto grande, e tu per tutta la tua vita –seppur ancora breve- non avevi visto altri territori se non quelli devastati da un conflitto che si stava dilungando anche da fin troppo tempo. Il mettere da parte ogni centesimo per quel tuo istintivo e umile desiderio ne erano la riprova, e il vedere che la quantità di denaro era superiore a quella messa da te stesso da parte, ti facevano intuire a tua volta come anche quell’uomo gentile che ti amava come un padre, fosse pronto a quel distacco che un giorno, inevitabilmente, sarebbe avvenuto.

    Nel mentre ti ritrovavi all’esterno del locale – concedendoti una piccola pausa - dove contribuivi a lavorare per una tua doverosa riconoscenza, un pezzo di carta trascinato dal vento interruppe quel suo moto spinto dalla forza eolica andando a trovare come punto d’impatto la tua gamba destra. Se avessi dato maggior attenzione al foglio, leggendo ciò che vi era scritto all’interno, avresti notato e letto che vi era un volo prossimo per lasciare la città, e unirsi a un gruppo di viaggiatori e ricercatori che cercavano personale per le più differenti mansioni. Stava a te decidere come interpretare quel messaggio, ma una cosa era certa, se volevi un opportunità per lasciare quella terra disastrata, ciò che avevi letto poteva risultare quel convincimento ultimo per far si che le tue ali non fossero ancora tarpate. Stava a te ora prendere una decisione, e dover in caso di convincimento parlare con Tom, anche se sapevi che non sarebbe stato facile per te dover in caso allontanarti da una persona a cui dovevi la tua stessa vita; era arrivato il momento di riflettere decisamente sul tuo futuro: un volo ti aspettava verso nuovi confini.


    -------------------------------------


    Zona Master: Benvenuto al tuo test (come scelto da te), in base alle tue doti narrative e di interpretazione verrà fatta alla fine una valutazione, e in base a ciò verrà deciso che livello conferirti..

    Angolo narrazione:
    In questo post semplicemente voglio vedere da un punto di vista di sensazioni e interpretazione, come il tuo pg riflette su questa possibilità letta nel volantino, e di conseguenza vedere come reagisce alla difficile scelta che deve prendere, sapendo che in caso di decisione positiva, dovrà salutare l'unica persona che gli ha dimostrato affetto e che può identificare in una famiglia. Ti chiedo di fermarti al momento in cui prenderai la decisione, e in caso volessi parlare con tom, fermarti al punto quando decidi di voler interagire con lui, così che io possa prendere in caso il possesso del png da te ideato. Buon game, sperando che troverai piacevole la trama che porterò avanti.


    Edited by NiGhTwInG ™ - 29/8/2014, 04:46
     
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  2. T i a n
     
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    Serendipity


    Pensato Alec
    Narrato

    Alec se ne stava appoggiato vicino all'ingresso dell'Howling Raccoon, un modesto bar del quartiere in cui viveva. Il locale si trovava all'angolo dell'incrocio tra la strada principale e uno stretto vicolo non percorribile dalle automobili. La proprietaria del locale, la signora Hale, conosceva Tom da circa una trentina d'anni e quando Alec si era presentato in cerca di lavoro, l'aveva assunto subito. La guerra aveva ridotto le entrate ad una quantità che lentamente stava spingendo il bar alla bancarotta, ma Lydia Hale non aveva intenzione di arrendersi. Con caparbietà e dedizione, aveva deciso di portare avanti l'attività che la sua famiglia gestiva da due generazioni. Aveva ereditato il bar quando aveva poco più di vent'anni e, così come aveva fatto lei alla scomparsa del padre, sperava che una delle sue due figlie, un giorno, potesse sostituirla, continuando la tradizione. Il suo fisico minuto portava i segni di una vita lunga e dura. Il tempo e la guerra si erano presi quanto di più caro avesse. L'avevano spogliata della sua bellezza e le avevano strappato una figlia e il marito. Ma non l'avevano spezzata. Come Alec, lei era una sopravvissuta.

    Il sole stava ormai scomparendo all'orizzonte, ma Giakarta era ancora stretta nella morsa della calura estiva. Osservando l'asfalto nero, si poteva vedere il calore sollevarsi in onde tremule. All'Howling Raccoon era giorno di consegne e Alec aveva passato il pomeriggio a scaricare casse di alcolici e altre provviste.
    Ho le braccia e la schiena distrutte. Domani non riuscirò nemmeno ad alzarmi dal letto!
    Aveva appena finito di asciugarsi la fronte madida di sudore, quando un rumore attirò la sua attenzione verso il vicolo alla sua sinistra. Due piccoli topi dal pelo grigio stavano rovistando tra i sacchi dei rifiuti. Lydia non voleva quegli animali vicino all'Howling Raccoon, sosteneva che i clienti ne fossero spaventati, così, spesso, mandava qualcuno dei suoi dipendenti a controllare che ratti ed altre bestie non banchettassero con la spazzatura.
    All'inizio, Alec aveva pensato di cacciarli, ma, osservandoli rosicchiare un tozzo di pane, aveva deciso di lasciargli almeno il tempo di consumare una pasto decente.
    La vita di un topo è già abbastanza dura senza qualcuno che vada a disturbarlo.
    Provava quasi simpatia per quelle creature. Dopotutto, anche lui era stato un ratto. Un ratto dal pelo argenteo e ricoperto da stracci, ma pur sempre una bestia sporca e debole, con cui il mondo non voleva avere a che fare. Anche lui aveva conosciuto la Fame e, così come quegli animali, si era cibato di rifiuti ed era stato disprezzato dai suoi simili. Assistere a quella scena aveva permesso ai ricordi della sua infanzia di ritornare ad affollargli la mente. Nella sua testa, le grida di dolore e il rumore delle esplosioni si mischiavano in una cacofonia dell'orrore. Scosse il capo, cercando di ricacciare quelle immagini nella zona del suo subconscio dove le aveva seppellite.

    Nel frattempo, Giakarta aveva ripreso a respirare, un lieve alito di vento spirava da est, concedendo ai suoi abitanti un po' di sollievo. Combattere contro i ricordi aveva ottenebrato i suoi sensi. Si accorse del volantino che la brezza aveva mandato a scontrarsi sulla sua gamba destra solo dopo aver mosso un passo. Stava per accartocciarlo quando, per curiosità, decise di dedicargli un po' della sua attenzione. La prima volta che lo lesse, non riuscì a credere ai suoi occhi. Dev'essere una burla, lo scherzo di qualche idiota. Rilesse un'altra volta, con attenzione, scandendo ogni parola come facevano i bambini. Ciò che aveva desiderato a lungo si trovava proprio difronte a lui e gli sarebbe bastato allungare un braccio per raggiungerlo. Il suo corpo reagì all'emozione ben prima che la sua razionalità riuscisse a elaborare anche solo un pensiero sensato. Fu percorso da un fremito che gli fece accapponare la pelle. Realizzare quanto poco fosse il tempo a sua disposizione lo colpì come una cannonata. Per un attimo il mondo intorno a lui cessò di esistere. Il rumore causato dal suo battito cardiaco gli riempiva le orecchie, rendendolo sordo a qualsiasi rumore proveniente dall'esterno. Fu sul punto di precipitarsi all'interno del locale, raggiungere il telefono vicino al registratore di cassa e chiamare Tom. Probabilmente, per l'emozione non sarebbe riuscito a pronunciare nient'altro che una sconclusionata catena di parole:

    Ciao! Parto un volo fra poco papà un gruppo ricercatori tornerò ti voglio bene sempre ciao.

    Fece un solo ed unico passo. Tom! Non posso, non ora. Devo pensare.
    Il suo volto tornò ad essere la maschera di compostezza che indossava ogni giorno. Il cervello riprese ad elaborare pensieri complessi e si fece strada in lui uno strano senso di fastidio. Era tornato a sentire il peso delle catene che lo avvolgevano. Riusciva di nuovo a udirne lo sferragliare mentre si muoveva. Il giogo che lo tratteneva a Giakarta, in quella terra devastata, era stato forgiato dall'affetto reciproco e dalla riconoscenza, ma Alec riusciva a sentirlo stringersi intorno al collo.
    Non poteva permettersi di essere avventato.
    Per prima cosa, devo mettere ordine.
    Il primo passo fu ristabilire il lucido distacco attraverso cui era solito osservare lo scorrere degli eventi. Poi, cominciò a sbrogliare l'intricata matassa di pensieri che gli affollavano la testa. Soppesò il valore di ognuna delle sue idee e ne saggiò la resistenza alla fiamma del dubbio. Quelle che superarono la prova vennero forzate in un schema preciso ed ordinato. Pian piano iniziarono a delinearsi in lui le possibilità che il caso gli aveva offerto. Non posso ignorare l'ipotesi di una truffa. Il volantino non specificava lo scopo della spedizione, si limitava ad informare che avrebbero reclutato persone con qualsiasi genere di competenza. Ad Alec appariva sospetto, ma al momento non era in grado di verificare i suoi timori, quindi decise di accantonarli. Tornò a rivolgere la propria attenzione alle altre alternative.
    Due vie possibili.
    La via dell'abnegazione: rimanere a Giakarta, arrendersi alla vita di tutti i giorni, sostituire Tom nel suo lavoro. Una moglie, dei figli, riporre le proprie speranze nella fine della guerra. Morire giovane, al fronte, oppure nel proprio letto, dopo una lunga vita. Era davvero pronto a sacrificare se stesso?
    La via dell'ignoto: il rischio, inseguire le proprie ambizioni, i viaggi, le scoperte, la gloria, il potere. Forse la morte, la rovina, la vergogna. Per questa era maturo.
    Quale scegliere?
    Pensò alla saggia Marguerite e realizzò l'ineluttabilità del sacrificio.
    Una voce femminile interruppe il flusso delle sue elucubrazioni. Era la primogenita della Signora Hale, Melissa, che gli ricordava di dover ritornare al lavoro.
    Piegò con cura il volantino e se lo mise in tasca.
    A casa ne parlerò con Tom.
    Alec conosceva la risposta, ma aveva bisogno dell'approvazione del genitore adottivo.


    La frase sul tenente Marguerite Borges verrà chiarita nel prossimo posto :sese:
    EDIT: sistemata una frase a cui mancava un pezzo :té:


    Edited by T i a n - 30/8/2014, 15:58
     
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  3. NiGhTwInG ™
     
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    Ghost freedom


    Seppur di clientela non ve ne fosse molta, vi era sempre qualcosa da fare all’interno del locale: aggiustare qualcosa di rotto, spostare casse, tenere in ordine un luogo che rischiava di cadere nella decadenza. Sapevi che in fin dei conti la chiusura di quel luogo – seppur caro a te – ormai era questione di tempo. Entrate sempre minori – forse quasi inesistenti-, e spese che non finivano mai. Stimavi quella donna, la stimavi con tutto se stesso proprio nel vedere quella sua ferrea volontà di non mollare, di non arrendersi: opporsi alla crudeltà del destino, provare seppur minimamente a cambiare qualcosa. Fissandola nel vedere la sua tenacia, capivi che i sogni erano importanti, che i sogni erano la benzina con cui alimentare la propria esistenza: voler ancora rimanere aggrappati a quel mondo fin troppo caotico. Forse anche per questo che quell’idea di partire non voleva abbandonare i tuoi pensieri, forse proprio vedendo quella stessa tenacia che quella donna – seppur colpita da gravi lutti – continuava a mostrare: insomma, stava a te capire cosa fare, se accontentarti come un topo dei piccoli scarti, o esplorare il mondo per trovare la tua fetta di torta.
    Mentre eri dedito nel pulire il bancone, vedesti lei stessa avvicinarsi a te con un sorriso, dicendoti:

    E’ tardi và a casa da tua padre, qui finisco io.


    Nel mentre pronunciava quelle parole, porse nelle tue mani una semplice busta da lettera bianca, per poi farti un occhiolino e abbracciarti.

    Non dire nulla, so del tuo piccolo progetto, accetta e basta… e ora va’ a casa che è tardi.


    Se avessi deciso di aprire la busta, al suo interno avresti trovato una piccola quantità di denaro: non molto, ma sicuramente un grande gesto per le sue possibilità.
    Una volta superato ogni convenevole, convincendoti ad accettare dopo l’insistente volontà della tua titolare, il desertico silenzio dei quartieri avrebbe accompagnato il tuo tragitto: tutto ciò ti sembrava abbastanza strano, inquietante, decisamente irreale. Seppur vi fosse la guerra, vi era sempre qualche bambino o persona per le piazze, i vicoli, le strade: stranamente però, quel giorno notasti come le persone fossero arroccate nelle loro abitazioni – una parte – soffermandoti su qualche sguardo misto tra malinconia e paura venir letto scrutando i tuoi concittadini essere dediti a chiudere celermente porte e finestre: tutto ciò era decisamente strano, cosa diavolo stava succedendo?
    Ti saresti domandato nel proseguire seppur con espressione spaesata e confusa, non capendo il perché di un simile atteggiamento. Poi però, girando l’ennesimo angolo di uno dei tanti vicoli, e arrivando nella piazza principale di Giakarta, tutto ti fu decisamente e tristemente più chiaro.


    Una folla di individui era li presente - mai come quel giorno - restando silenti e immobili – o per impotenza, o per codardia – nel vedere altri tuoi concittadini – circa venti – posizionati in fila e bendati, con le mani legate dietro la schiena: i volti tumefatti e insanguinati mostravano come fossero stati brutalmente torturati e seviziati.
    Un uomo in divisa di alto grado – forse un colonnello – era li di fianco a loro, mentre i suoi commilitoni si impegnavano con la forza a sedare i pochi individui che stavano cercando di opporsi a una simile folle dimostrazione: altro non si trattava che di questo.
    Arrivasti proprio nel momento i cui il più alto in grado – fermo e impassibile nel suo sguardo inespressivo e la sua postura militaresca – pronunciò la sentenza per cui erano stati condannati quei venti disgraziati che non sapevi se realmente colpevoli di ciò di cui erano stati accusati.

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    Coloro che vedete qui presenti, indegni nostri concittadini… sono accusati e stati condannati di uno dei più vili crimini che si possano compiere, ovvero il tradimento.


    Rimanendo silente nell’ascoltare simili accuse, mentre la condanna veniva pronunciata alle orecchie del popolo, un senso di confusione crebbe dentro di te.

    Vili collaborazionisti, intenti nei loro scopi di comunicare con la parte nemica mettendo il bene del proprio popolo e la fedeltà dello stato in secondo piano.


    Sentivi quelle gravi accuse, ma osservando le espressioni di chi era bendato e legato come una bestia, non notavi meschinità nei loro volti, ma semplicemente il tentativo di aver provato ad opporsi a una dittatura non scelta sicuramente dal popolo.

    Per tale motivo sarete voi stessi cittadini ad eseguire la pena capitale per chi è accusato del crimine di tradimento, così da mostrare quella fedeltà e spirito unito verso il vostro stato.


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    In quello stesso momento i restanti militari cominciarono a selezione a caso i venti prescelti che avrebbero dovuto eseguire il difficile compito che in poche parole gli era stato imposto: rifiutarsi automaticamente significava essere a propria volta accusato di tradimento.
    Sfortuna volle che un fucile ti fosse messo nelle mani, notando quello sguardo freddo e asettico di chi eseguiva un ordine senza fare i conti con la propria coscienza: il destino infine aveva deciso crudelmente di selezionarti fra coloro che avrebbe ucciso la loro stessa gente, sapendo che non vi era possibilità di dire di no.

    Tu, muoviti, mettiti in fila con gli altri.


    Un semplice comando, in un ordine che avrebbe inevitabilmente investito la tua psiche di emozioni, pensieri e confusione: la vita di un individuo che non sapevi se fosse realmente colpevole o al contrario innocente era nelle tue mani, sapendo che tu alla fine – senza possibilità di libero arbitrio - saresti stato fregiato del titolo di boia stroncando la sua vita.
    Certo, potevi anche opporti e buttare per terra il fucile, ma eseguire un simile gesto di affronto avrebbe inevitabilmente segnato la tua di condanna, oltre al fatto che vi sarebbero potute essere state – in futuro - anche ripercussioni su altri tuoi affetti, come ad esempio Tom: insomma, fare una scelta o l’altra, avrebbe comunque portato alla morte qualcuno – ironico e spietato il destino eh?



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    Zona Master: Nessun appunto, continua così^^

    Angolo narrazione:
    In pratica da come hai potuto capire, ciò che sta succedendo è proprio un'esecuzione di massa, come dimostrazione al popolo della forza di ciò che una dittatura è infine, ovvero la limitazione delle idee e della libertà.
    Quello che ho deciso di far capitare al tuo pg, è proprio il mettere alla prova la sua coscienza, la sua volontà, il suo libero arbitrio, sapendo che qualsiasi decisione egli prenda si ripercuoterà inevitabilmente su se stesso: vuoi emotivamente, vuoi psicologicamente, o vuoi sui propri affetti.
    Ti chiedo di fermarti quando prenderai la tua decisione, nel caso in cui fosse di accettare di compiere l'esecuzione, nel momento in cui abbracci il fucile non andando oltre, fermo restando che c'è tutto un percorso psicologico che il tuo pg spero farà nel post. Buon post^^


    Edited by NiGhTwInG ™ - 4/9/2014, 18:31
     
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  4. T i a n
     
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    Pensato Alec
    Parlato Alec

    Parlato Marguerite
    Parlato Comandante
    Parlato altri
    Narrato

    Qualche mese prima

    E16 La partita era stata molto equilibrata fino a quel momento, ma Alec sentiva di poter vincere. Mai prima di allora aveva resistito così tanto contro il tenente Borges.
    A18 Marguerite appariva assorta nei propri pensieri mentre osservava con attenzione le pietre disposte sul Goban. Era vestita con abiti civili e i capelli era stati lasciati liberi di ricadere morbidi lungo la schiena.
    A15 Un'altra pietra nera andò ad intensificare l'attacco che Alec stava portando verso il territorio laterale del suo avversario.
    All'inizio il go gli era sembrato un gioco noioso, un inutile vezzo da ricchi. Le uniche cose che gli avevano impedito di abbandonare quel passatempo erano state l'orgoglio e il desiderio di vincere. A quel tempo, Marguerite gli appariva come una donna qualunque. Una di quelle persone di cui ci si dimentica facilmente.
    Con l'aumentare delle sue capacità, Alec aveva imparato a decifrare la poesia di ardesia e madreperla che il suo avversario componeva mossa dopo mossa e, a poco a poco, aveva realizzato l'ingenuità delle sua opinione iniziale. Come un fiore, il tenente Borges sbocciava ad ogni partita, mostrando la propria bellezza. Possedeva un'eleganza che avrebbe fatto morire d'invidia qualsiasi professionista. Il suo stile era placido e controllato, rispondeva ad ogni suo attacco con calma olimpica e una difesa estremamente solida. Osservandola giocare, si aveva l'impressione di trovarsi difronte alle acque cristalline di un mare caraibico.
    C17 Non riesci a vederlo, vero? Marguerite lo guardò come se fosse un bambino a cui bisognava ancora insegnare come camminare. Lo stile di Alec non aveva segreti per lei. Ai suoi occhi, il gioco del suo giovane sfidante appariva difensivo ed estremamente conservativo, come se temesse che il suo avversario potesse sferrare l'offensiva finale in ogni momento. Sceglieva le sue mosse come farebbe qualcuno che vive con la paura di perdere tutto ad ogni secondo.

    C20 Cosa dovrei vedere? Per la prima volta sto vincendo io! Il suo avversario perse un'altra parte dei suoi territori. L'ultima mossa di Marguerite l'aveva sorpreso, non riusciva a capirne il senso, sembrava che stesse cercando di farlo vincere.
    Ho costruito le mie difese sulla solida pietra, come mi hai insegnato tu! Qualsiasi attacco tu abbia preparato, non riuscirà a penetrare i miei territori.
    Marguerite non si scompose, si limitò a smentirlo con il suo solito tono familiare, lo stesso di una madre che si rivolge ai propri figli.
    Hai perso.
    Alec la squadrò come se gli avesse appena detto di avere un'ippopotamo nascosto sotto al Goban. Non riusciva a crederci, pensava di avere la vittoria in pugno.
    Poi, lo vide.
    L'onda l'aveva travolto. Qualsiasi mossa non avrebbe potuto rovesciare il risultato. Sacrificando parte dei propri territori, l'aveva attirato in una trappola e aveva soffocato ogni sua speranza di vittoria. Il mare placido si era trasformato in uno tsunami e le sue difese erano crollate come castelli di sabbia.
    Marguerite gli rivolse uno sguardo amorevole, ma sul suo volto comparse un sorriso amaro.
    A volte, per vincere siamo costretti a sacrificare qualcosa di prezioso. È una lezione atroce, ma ti accorgerai che la vita ci porta a compiere delle scelte molto dure.

    ----



    Non l'aveva notato fino a quando non aveva raggiunto una delle vie che portavano alla piazza principale di Gikarta. Ripensare ai fatti accaduti quel giorno l'aveva reso meno cauto, ma estremamente felice. Sembra che il destino abbia finalmente deciso di sorridermi. Prima aveva trovato un'opportunità per lasciare a Giakarta e, allo stesso tempo, soddisfare la propria curiosità, poi la signora Hale gli aveva fatto un regalo. Una busta bianca contenete una modesta somma di denaro. Considerando le condizioni economiche dell'Howling Raccoon, era come se gli avesse dato una piccola fortuna. Alec aveva provato a rifiutare, cosciente delle difficoltà che Lydia stava attraversando, ma la donna aveva dato fondo a tutta la propria tenacia e alla fine non gli aveva lasciato altra scelta se non accettare. Si sentiva così soddisfatto da non essersi nemmeno chiesto come lei facesse a sapere del suo sogno di lasciare Giakarta.

    Con la coda dell'occhio riuscì a vedere una giovane donna sbarrare le finestre in tutta fretta. La preoccupazione dipinta sul suo volto aveva fatto scoppiare la bolla che fino a quel momento aveva reso le sue percezioni ovattate. Cosa l'aveva spinta a barricarsi in casa? Se ci fosse stato un'attacco aereo tutti si sarebbero rifugiati sotto terra, non nelle proprie case. Alec era piuttosto confuso e realizzare di essere l'unico a percorrere quella strada aveva reso la situazione ancora più inquietante. Mi sembra di vagare in una città fantasma. Tutto ciò ai suoi occhi appariva molto sospetto. Nonostante la guerra, c'era sempre qualcuno che vagava per la città: bambini che giocano, mendicanti ai bordi delle strade e ambulanti che urlano per attirare clienti non mancavano mai in quelle zone.
    Si guardò intorno smarrito, cercando qualcosa che potesse spiegare quella situazione anomala. Non trovo nulla. Fatta eccezione per la mancanza di vita, quella strada non aveva niente di diverso da qualsiasi altra via di Giakarta.
    Affrettò il passo e proseguì senza voltarsi indietro. Non voleva rimanere più del necessario in quel luogo. Quel silenzio plumbeo lo metteva a disagio, avrebbe quasi preferito sentire il rumore delle bombe. Nelle baraccopoli aveva imparato a sue spese che quella totale mancanza di suono si manifestava solo in un'occasione. È il silenzio della Morte.

    Raggiunse la piazza principale una manciata di secondi dopo. Aveva trovato la fonte di quell'angosciante anomalia.
    Il silenzio non era scomparso, ma il vuoto era stato colmato da una folla di persone. Se ne stavano immobili come statue, osservando qualcosa che si trovava al centro di quella moltitudine. Ad Alec non interessava sapere di cosa si trattasse. In situazioni del genere era meglio andarsene il prima possibile. Sfortunatamente, non poteva fare a meno di attraversare la massa di persone che gli sbarrava la strada. Per tornare a casa avrebbe dovuto raggiungere l'estremità opposta della piazza. Cercò di farsi largo tra i muti spettatori, nel tentativo di raggiungere la sua destinazione, ma tutto ciò non fece altro che peggiorare la sua situazione. Un gruppo di soldati aveva formato un cordone per contenere la folla, impedendo a chiunque di passare.
    Al centro dello spazio delimitato dagli uomini in divisa, Alec vide una ventina di persone bendate. Nessuno dei presenti osava dire qualcosa, limitandosi ad osservare lo spettacolo offerto da quei cenciosi disperati.
    La voce dell'ufficiale in comando ruppe quel tetro incanto, prima che il suo cervello potesse esaminare la situazione.
    Coloro che vedete qui presenti, indegni nostri concittadini… sono accusati e stati condannati di uno dei più vili crimini che si possano compiere, ovvero il tradimento.
    Il militare fece una pausa e Alec spostò il suo sguardo sui prigionieri. Gli riusciva difficile immaginare che uno di quei gusci vuoti, divorati dalla fame e segnati dalle percosse, potesse costituire un pericolo per la sicurezza di Giakarta. Non sembrano poi così diversi da me. Dal me stesso di qualche anno fa.
    L'ufficiale riprese a berciare accuse contro quegli uomini.
    Vili collaborazionisti, intenti nei loro scopi di comunicare con la parte nemica mettendo il bene del proprio popolo e la fedeltà dello stato in secondo piano.
    Alec si soffermò sulla figura del comandante. Il suo volto inespressivo nascondeva il disappunto che provava nei suoi confronti. Mi sembra quasi impossibile pensare che Marguerite collabori con persone tanto abiette. Aveva un fisico asciutto e slanciato, mentre i capelli erano tenuti molto corti. L'espressione severa e la fiamma che gli bruciava negli occhi mentre aveva pronunciato quelle parole lasciavano intuire una cieca obbedienza verso i superiori ed un carattere inflessibile.
    Gli uomini contro cui si era scagliato, probabilmente, non erano più che ladruncoli, spinti a delinquere dalla fame e dalla povertà. La loro unica colpa è quella di essersi fatti beccare nel momento sbagliato e dalle persone sbagliate. Non sono altro che un capro espiatorio.
    La parole del capitano risuonarono in quel luogo più terrificanti dell'esplosione di una mina.
    Per tale motivo sarete voi stessi cittadini ad eseguire la pena capitale per chi è accusato del crimine di tradimento, così da mostrare quella fedeltà e spirito unito verso il vostro stato.
    Nel frattempo, i militari avevano iniziato a selezionare alcuni dei presenti per compiere il massacro.
    Alec cercò di scappare non appena udì quelle parole, ma prima di poter fare anche un solo passo un soldato gli si era parato davanti. Tu, muoviti, mettiti in fila con gli altri.
    I-io? Furono le uniche parole che riuscì a pronunciare. Il soldato non rispose, si limitò a porgergli il fucile. Alec strinse i pugni così forte da far sanguinare il palmo destro.
    Sentì la rabbia crescere dentro sé, voleva urlare, colpire in faccia l'uomo che gli stava davanti e mettersi a correre. Scappare il più lontano da quelle persone, dai soldati e dai disperati ai suoi piedi. Voleva tornare da Tom e dimenticarsi quello a cui aveva appena assistito. Fingere che non fosse accaduto nulla. Non è giusto! Perché io? Perché ora? Proprio adesso che tutto sembrava andare per il verso giusto.
    Si limitò ad accettare l'arma che gli era stata offerta. L'obbedienza era l'unica via che poteva percorrere. Qualsiasi altra azione avrebbe significato morte. Anche se fosse riuscito a scappare a una cinquantina di soldati ben addestrati, avrebbe messo in pericolo Tom e la signora Hale. Non posso permettere che gli venga fatto del male. Se avesse potuto rischiare solo la sua vita, non avrebbe esitato, ma non poteva obbligare le persone che amava a portare un fardello così pesante. Li avrebbero trovati e li avrebbero destinati ad una sorte simile a quella dei venti disperati che sarebbero stati uccisi quel giorno.
    Si guardò intorno per osservare le persone che componevano la folla alle sue spalle. C'erano tutti quelli che abitavano in quella zona. Qualcuno l'avrebbe sicuramente riconosciuto. Cosa avrebbero detto di lui i suoi cari se avesse ucciso uno di quei poveretti? L'avrebbero disprezzato o avrebbero capito le ragioni del suo gesto? Che pensino quello che vogliono. Li amo abbastanza da sopportare il loro odio.
    Si domandò se avesse mai avuto davvero scelta. Se la sua vita non fosse altro che una concatenazione di eventi del tutto triviali.
    Lo stomaco di Alec si contorse. È necessario, non ho altra scelta. Si sentiva nauseato, ma si fece comunque forza e strinse l'arma che aveva tra le mani. Perché mi infastidisce così tanto? Questa non è la prima volta...
    Uccidere per sopravvivere era uno di quei concetti che, da bambino, gli erano stati impressi nella mente a lettere di fuoco, tuttavia, difronte a quell'inutile strage, non poteva che sentirsi frustrato. Quegli uomini non meritavano di morire e lui non meritava di macchiarsi del loro sangue. Cercò di sopprimere le proprie emozioni e di non mostrare il proprio sconforto ai suoi aguzzini. Non gli avrebbe dato questa soddisfazione. Se è questo che devo fare per sopravvivere, perché a quelli a cui tengo non venga fatto del mare, non esiterò. Avere le mani sporche di sangue non mi ha mai preoccupato.
    Rivolse la propria attenzione ai suoi compagni compagni di sventura in cerca di uno sguardo di intesa, un segno, qualsiasi cosa che gli avrebbe fatto capire cosa fare.
    E ora, a chi devo sparare?


    Allora, mi sono preso qualche libertà nel descrivere l'ufficiale, ma non penso di aver esagerato. Non ho avuto il tempo di rileggere, quindi non assicuro che il testo sia privo di refusi ed altri errori. Correggerò più tardi o domani :té: Spero che il resto vada bene^^
    Edit: Dovrei aver sistemato tutto. Spero non mi sia scappato nulla :smok:


    Edited by T i a n - 6/9/2014, 23:15
     
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