L'umile desiderio di un sognatore

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  1. T i a n
     
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    Serendipity


    Pensato Alec
    Narrato

    Alec se ne stava appoggiato vicino all'ingresso dell'Howling Raccoon, un modesto bar del quartiere in cui viveva. Il locale si trovava all'angolo dell'incrocio tra la strada principale e uno stretto vicolo non percorribile dalle automobili. La proprietaria del locale, la signora Hale, conosceva Tom da circa una trentina d'anni e quando Alec si era presentato in cerca di lavoro, l'aveva assunto subito. La guerra aveva ridotto le entrate ad una quantità che lentamente stava spingendo il bar alla bancarotta, ma Lydia Hale non aveva intenzione di arrendersi. Con caparbietà e dedizione, aveva deciso di portare avanti l'attività che la sua famiglia gestiva da due generazioni. Aveva ereditato il bar quando aveva poco più di vent'anni e, così come aveva fatto lei alla scomparsa del padre, sperava che una delle sue due figlie, un giorno, potesse sostituirla, continuando la tradizione. Il suo fisico minuto portava i segni di una vita lunga e dura. Il tempo e la guerra si erano presi quanto di più caro avesse. L'avevano spogliata della sua bellezza e le avevano strappato una figlia e il marito. Ma non l'avevano spezzata. Come Alec, lei era una sopravvissuta.

    Il sole stava ormai scomparendo all'orizzonte, ma Giakarta era ancora stretta nella morsa della calura estiva. Osservando l'asfalto nero, si poteva vedere il calore sollevarsi in onde tremule. All'Howling Raccoon era giorno di consegne e Alec aveva passato il pomeriggio a scaricare casse di alcolici e altre provviste.
    Ho le braccia e la schiena distrutte. Domani non riuscirò nemmeno ad alzarmi dal letto!
    Aveva appena finito di asciugarsi la fronte madida di sudore, quando un rumore attirò la sua attenzione verso il vicolo alla sua sinistra. Due piccoli topi dal pelo grigio stavano rovistando tra i sacchi dei rifiuti. Lydia non voleva quegli animali vicino all'Howling Raccoon, sosteneva che i clienti ne fossero spaventati, così, spesso, mandava qualcuno dei suoi dipendenti a controllare che ratti ed altre bestie non banchettassero con la spazzatura.
    All'inizio, Alec aveva pensato di cacciarli, ma, osservandoli rosicchiare un tozzo di pane, aveva deciso di lasciargli almeno il tempo di consumare una pasto decente.
    La vita di un topo è già abbastanza dura senza qualcuno che vada a disturbarlo.
    Provava quasi simpatia per quelle creature. Dopotutto, anche lui era stato un ratto. Un ratto dal pelo argenteo e ricoperto da stracci, ma pur sempre una bestia sporca e debole, con cui il mondo non voleva avere a che fare. Anche lui aveva conosciuto la Fame e, così come quegli animali, si era cibato di rifiuti ed era stato disprezzato dai suoi simili. Assistere a quella scena aveva permesso ai ricordi della sua infanzia di ritornare ad affollargli la mente. Nella sua testa, le grida di dolore e il rumore delle esplosioni si mischiavano in una cacofonia dell'orrore. Scosse il capo, cercando di ricacciare quelle immagini nella zona del suo subconscio dove le aveva seppellite.

    Nel frattempo, Giakarta aveva ripreso a respirare, un lieve alito di vento spirava da est, concedendo ai suoi abitanti un po' di sollievo. Combattere contro i ricordi aveva ottenebrato i suoi sensi. Si accorse del volantino che la brezza aveva mandato a scontrarsi sulla sua gamba destra solo dopo aver mosso un passo. Stava per accartocciarlo quando, per curiosità, decise di dedicargli un po' della sua attenzione. La prima volta che lo lesse, non riuscì a credere ai suoi occhi. Dev'essere una burla, lo scherzo di qualche idiota. Rilesse un'altra volta, con attenzione, scandendo ogni parola come facevano i bambini. Ciò che aveva desiderato a lungo si trovava proprio difronte a lui e gli sarebbe bastato allungare un braccio per raggiungerlo. Il suo corpo reagì all'emozione ben prima che la sua razionalità riuscisse a elaborare anche solo un pensiero sensato. Fu percorso da un fremito che gli fece accapponare la pelle. Realizzare quanto poco fosse il tempo a sua disposizione lo colpì come una cannonata. Per un attimo il mondo intorno a lui cessò di esistere. Il rumore causato dal suo battito cardiaco gli riempiva le orecchie, rendendolo sordo a qualsiasi rumore proveniente dall'esterno. Fu sul punto di precipitarsi all'interno del locale, raggiungere il telefono vicino al registratore di cassa e chiamare Tom. Probabilmente, per l'emozione non sarebbe riuscito a pronunciare nient'altro che una sconclusionata catena di parole:

    Ciao! Parto un volo fra poco papà un gruppo ricercatori tornerò ti voglio bene sempre ciao.

    Fece un solo ed unico passo. Tom! Non posso, non ora. Devo pensare.
    Il suo volto tornò ad essere la maschera di compostezza che indossava ogni giorno. Il cervello riprese ad elaborare pensieri complessi e si fece strada in lui uno strano senso di fastidio. Era tornato a sentire il peso delle catene che lo avvolgevano. Riusciva di nuovo a udirne lo sferragliare mentre si muoveva. Il giogo che lo tratteneva a Giakarta, in quella terra devastata, era stato forgiato dall'affetto reciproco e dalla riconoscenza, ma Alec riusciva a sentirlo stringersi intorno al collo.
    Non poteva permettersi di essere avventato.
    Per prima cosa, devo mettere ordine.
    Il primo passo fu ristabilire il lucido distacco attraverso cui era solito osservare lo scorrere degli eventi. Poi, cominciò a sbrogliare l'intricata matassa di pensieri che gli affollavano la testa. Soppesò il valore di ognuna delle sue idee e ne saggiò la resistenza alla fiamma del dubbio. Quelle che superarono la prova vennero forzate in un schema preciso ed ordinato. Pian piano iniziarono a delinearsi in lui le possibilità che il caso gli aveva offerto. Non posso ignorare l'ipotesi di una truffa. Il volantino non specificava lo scopo della spedizione, si limitava ad informare che avrebbero reclutato persone con qualsiasi genere di competenza. Ad Alec appariva sospetto, ma al momento non era in grado di verificare i suoi timori, quindi decise di accantonarli. Tornò a rivolgere la propria attenzione alle altre alternative.
    Due vie possibili.
    La via dell'abnegazione: rimanere a Giakarta, arrendersi alla vita di tutti i giorni, sostituire Tom nel suo lavoro. Una moglie, dei figli, riporre le proprie speranze nella fine della guerra. Morire giovane, al fronte, oppure nel proprio letto, dopo una lunga vita. Era davvero pronto a sacrificare se stesso?
    La via dell'ignoto: il rischio, inseguire le proprie ambizioni, i viaggi, le scoperte, la gloria, il potere. Forse la morte, la rovina, la vergogna. Per questa era maturo.
    Quale scegliere?
    Pensò alla saggia Marguerite e realizzò l'ineluttabilità del sacrificio.
    Una voce femminile interruppe il flusso delle sue elucubrazioni. Era la primogenita della Signora Hale, Melissa, che gli ricordava di dover ritornare al lavoro.
    Piegò con cura il volantino e se lo mise in tasca.
    A casa ne parlerò con Tom.
    Alec conosceva la risposta, ma aveva bisogno dell'approvazione del genitore adottivo.


    La frase sul tenente Marguerite Borges verrà chiarita nel prossimo posto :sese:
    EDIT: sistemata una frase a cui mancava un pezzo :té:


    Edited by T i a n - 30/8/2014, 15:58
     
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3 replies since 28/8/2014, 17:45   240 views
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