Il giovane Ray O'Connell

Introduzione al gdr

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  1. O'Connell
     
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    Narrato
    Pensato
    Parlato Ray
    Parlato altrui


    Ore 16:05
    Era una giornata come tante altre a Padokia, il Sole era alto ormai da diverse ore e picchiava sulle strade malfamate della città, il cielo celeste era ornato da piccole nuvole candide come la neve. Tirava una leggera arietta fresca che rendeva quel pomeriggio altrimenti torrido, piacevole.
    In una delle vie più corrotte della Repubblica, precisamente in un appartamento di un piccolo palazzetto mal messo, si trovava un giovane ragazzo sui sedici anni, alto, di bell'aspetto, con capelli corti e disordinati e dallo sguardo serio, il ragazzo non indossava nessuna maglietta, soltanto un paio di pantaloni blu, e ciò metteva in mostra il suo fisico, asciutto e atletico, praticamente perfetto se non fosse per una grande cicatrice che solcava il suo busto. Il giovane in questione è Ray O'Connel, un neo-orfano che da poco abitava a Padokia. Il ragazzo si trovava nel salotto di casa sua, se così può esser definito, non è altro che una stanza con quattro pareti spoglie e di colore grigio spento, gli unici mobili che vi erano, erano soltanto una poltrona logora ed una tv. L'orfano si trovava al centro di questa stanza ed era impegnato nel flettere le proprie braccia sul pavimento, dalla sua fronte cadevano imponenti gocce che rappresentavano l'impegno con cui si stava allenando, poco prima di lasciarsi cadere al suolo sussurrò silenziosamente
    Q-quattrocentodiciotto...
    E così lasciò che la gravità avesse la meglio. Aveva appena finito il suo quotidiano allenamento post pranzo, era fissato con gli allenamenti, cercava in continuazione un modo per divenire più forte, era un vero amante della lotta.

    Ore 16:22
    Dopo essersi fatto una doccia si vestì, mettendosi un paio di jeans, delle scarpe da ginnastica bianche e nere e una canotta senza maniche di colore nero. L'orfano uscì di casa e quasi all'unisono dalla porta accanto, sull'altro lato dello stretto corridoio, vide il suo vicino, Bob, un uomo sulla trentina di carnagione scura, parecchio alto con una muscolatura da galeotto e vestito con jeans strappati e una maglietta bianca. Appena si videro i due si avvicinarono l'uno all'altro, e quando erano a meno di un palmo di distanza l'uno dall'altro si abbracciarono sorridendo come se non si incontrassero da anni, per poi staccarsi l'uno dall'altro e guardandosi faccia a faccia
    Come va la vita Bob? Ieri non ti ho visto per niente. Tua nonna era preoccupata
    Ero a lavoro...e di a quella vecchia di farsi i ca**i suoi...
    Lavoro eh?...da quando fare lo spacciatore è considerato un lavoro?
    Disse con tono strafottente Ray, si divertiva a prendere in giro l'amico, traeva piacere nel vederlo infuriarsi per le più piccole cavolate
    Da quando sono io a farlo! Piccolo moccioso testa di ca**o!
    Ahahah non c'è bisogno di arrabbiarsi Bob, sai che scherzo...spacciatore...
    Uno di questi giorni di gonfio! Ca**o mi fai venire la voglia di ammazzarti!
    Devo ricordarti come è finita la prima volta che ci siamo incontrati?
    ...Tsk...ti vanti per un colpo fortunato...
    Un calcio in pieno viso è considerato un calcio fortunato?
    Lo sai che sei davvero insopportabile!? Che co***ne!
    Ahahah me lo dicono in molti amico
    Rispose mentre si avviava verso l'uscita dando le spalle al vicino
    Ehi! Non andartene così! Ca**o devi rispettarmi marmocchio!
    Urlò l'uomo facendo tremare l'edificio, non riuscendo però ad attirare l'attenzione del ragazzo, il quale nel frattempo era già uscito dal portone del palazzo e si trovava sulla strada del quartiere. Quel posto era pieno di case e palazzi che cadevano a pezzi, il peggio del peggio di Padokia, era così che veniva definita questa parte di città, era abitata solamente da barboni o drogati o spacciatori da quattro soldi, era un posto talmente poco rassicurabile che nemmeno i mezzi publici passavano di lì. A Ray non importava della reputazione di quel luogo, anzi trovava divertente il fatto di vivere in mezzo a dei criminali, aveva più volte picchiato alcuni tizi di lì, e in meno di un mese era riuscito a farsi rispettare da ogni abitante del quartiere. Il ragazzo era diretto verso il centro città, camminava a passo lento e rilassato, mentre con gli occhi scrutava i barboni ai lati delle strade, provava pena per loro, ma allo stesso tempo disprezzo, li riteneva dei codardi che si erano arresi alla vita perdendo ogni speranza, erano dei falliti, erano il suo esatto opposto, l'orfano si era rialzato dopo essere caduto innumerevoli volte, anche dopo la morte dei suoi, era lì, ancora in piedi.

    Ore 17:35
    Dopo circa un'ora di cammino finalmente era giunto al centro città, lì l'ambiente era completamente diverso: Pallazzi enormi, negozi di ogni tipo pieni di gente, luci ovunque, un gran traffico sia di persone che di auto, il tutto contornato da un forte rumore, rumore di città, un rumore a cui Ray non era ancora completamente abituato...Il giovane si chiedeva come poteva così tanta gente vivere talmente spensieratamente sapendo che a pochi kilometri da lì c'erano persone che vivevano nel più totale disordine, non capiva come non potesse importare a nessuno, anche se sapeva che tutto questo era per colpa degli Shu, la più potente organizzazione mfiosa di Padokia, comandavano "nell'ombra" praticamente ogni cosa, dall'economia alla politica, perfino le forze dell'ordine erano al loro comando, e lo faceva senza che nessuno obiettasse, ma come biasimarli, chi mai si metterebbe contro una famiglia tanto potente e pericolosa? Solo un pazzo lo farebbe, e anche se Ray era uno onesto, amante del rischio, non era tanto stupido da mettersi contro uno degli Shu, anche se, se mai uno di loro lo disturbasse in qualche modo o gli facesse qualche genere di torto, di certo non si farebbe nessun problema a riempirlo di botte finchè non avrebbe più fiato in corpo.
    Mentre camminava tra la folla di gente, si fermò ad una stazione di pullman, si sedette su una panchina e si mise ad attendere. Dopo circa quindici minuti salì sul mezzo, venendo colpito ripetutamente da gomitate, calci e spintoni dati dalle persone che si dimenavano come scimmie impazzite pur di salire sul pullman.
    Idioti...mi mettete il nervoso ca**o...possibile che in questa città non ci siano altro che pazzi?...me ne voglio andare il più presto possibile...la mia avventura deve iniziare...ho un viaggio che mi aspetta...l'ho promesso...

    Ore 18:04
    Era passata circa mezz'ora da quando Ray era salito sul pullman, il cielo si era fatto più scuro e le nuvole coprivano il Sole, il quale lasciava trasparire soltanto una flebile luce sulla triste città. Il ragazzo era sceso già da qualche minuto e dopo aver imboccato una via desolata continuò su quella strada arrivando ai piedi di una collinetta, salì fin cima ed ora si trovava di fronte ad un'insegna poggiata su due pilastri in mattoni con scritto "Cimitero". Davanti a quell'entrata il volto del ragazzo si spense, gli occhi si fecero tristi, lo sguardo assente, una leggera smorfia solcava quel volto giovanile...
    Un mese...ormai è passato un intero mese...precisamente trenta giorni...mamma...papà...sto venendo a salutarvi...mi mancate...
    Rimase fermo per qualche secondo di fronte a quell'entrata, poi fece un respiro profondo e si decise a solcare quella soglia, l'aveva fatto già altre volte, ed ogni volta era più difficile entrare lì dentro...era doloroso per lui pensare che le persone a cui aveva voluto più bene fossero sepolte sotto terra...aveva una ferita ancora aperta...una ferita che non si sarebbe rimarginata tanto felicemente...anzi, probabilmente non si sarebbe mai risanata del tutto...una ferita nel cuore...
     
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